
UBICAZIONE
Considerando i criteri geografici e orografici, elementi fondamentali per chi doveva spostarsi a piedi o a dorso di cavallo,considerando la caratteristica comune costante ovvero il ritrovamento di resti e tombe in prossimità di sorgenti ubicate in posizioni tali da consentire attività pastorale ed agricola, Colle aveva tutte queste caratteristiche. Infatti aveva la sorgente della ” Fonte Vecchia”, la possibilità di Pascoli e di terreni arabili e una posizione leggermente elevata rispetto alla valle sottostante che nel passato doveva essere alquanto umida.
Fonte: https://castrumcollis.wordpress.com/
IN PRINCIPIO ERAT VERBUM
Quando la via, che porta il nome del console Romano Caio Flaminio ha oltrepassato Nocera e la salita del Picchio, si immette in una vallata ampia e lunghissima, segnata a sinistra da una catena di semi montagne in cui i boschi si alternano a campi coltivati e nel mezzo si erige il monte Subasio, sul versante opposto del quale ” pende” Assisi e inizia l ampio piano che le si stende ai piedi. L altro lato della vallata, sulla destra della via Flaminia, è delimitato dalla catena montuosa che fa da spartiacque tra i tributari Tirreno e quelli dell’Adriatico. E nel ”greve giogo” che collega ” nocera con Gualdo” C è Colle, ma è ” greve come il giogo di una bella donna innamorata e contraccambiata. In mezzo a questi due, e perpendicolarmente ad essi, si insinua il monte Cervaia, ricoperto di uliveti nella sua fascia occidentale è che degradando termina in un grande dosso, cioè in un colle, cioè in Colle, ai piedi del quale scorre la maestosa via Flaminia. Nel punto in cui finisce il monte ed inizia il dosso C è una sorgente, a fianco della quale vi costruirono una fonte, che ora chiamiamo la “Fonte Vecchia”. Da questa fonte si svilupperà la vita di Colle prima e del Castelo dopo.
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ERA PRECRISTIANA
I paesi umbri sono dal punto di vista storico ricchi di tutte le fasi cronologiche che hanno caratterizzato l’era moderna. A Colle ci sono tombe antichissime che testimoniano un era precristiana, ci sono ruderi romani localizzati nella via Flaminia, c’è un castello dove é simboleggiato il potente simbolo dei Signori di Firenze, ci sono a poca distanza segni e testimonianze di antichi antenati dei moderni postini (Gaifana) e tanto altro che il bravo Sante Cioli ha saputo cogliere con la sua vena affabulatoria nei due libri capolavoro dedicati al territorio. Colle é il luogo ideale per uno scrittore di mistery, antiche leggende narrano di gesta mirabili e tremende e un fascino millenario accompagnata da location da sogno e da acque che sgorgano limpide dalle rocce di montagna stimolano voli pindarici nel Tempo! Una vacanza a Colle rigenera corpo e spirito!
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LA VIA FLAMINIA
Come la via Appia era la principale via del Mezzogiorno, così la Flaminia era considerata come la grande arteria di comunicazione del Nord e dell’Est della penisola. Essa infatti attraversava territorî ricchi e popolosi come l’agro Falisco, l’Umbria, il Piceno, e quindi scendeva al litorale adriatico a Fano, proseguendo fino a Pesaro e Rimini. Le principali stazioni sono così indicate dall’itinerario di Antonino, con le rispettive distanze da Roma: Villa Rostrata (Casale di Morolo) miglia 23; Ocriculum (Otricoli), m. 44; Narnia (Narni), m. 56; Interamna (Terni), m. 65; Spolitium (Spoleto), m. 83; Forum Flaminii (S. Giovanni Profiamma), m. 101; Helvillum (Sigillo), m. 128; Calle (Cagli) m. 151; Forum Sempronii (Fossombrone) m. 169; Fanum Fortunae (Fano) m. 185; Pisaurum (Pesaro) m. 193; Ariminum (Rimini) m. 217. Gli altri itinerari che ci sono conservati, cioè la Tabula Peutingeriana, l’itinerario Gerosolimitano e le celebri coppe votive di Vicarello, ci dànno presso a poco le stesse stazioni, ma la distanza varia da miglia 215 nei vasi di Vicarello a m. 223 nell’itinerario Gerosolimitano. Che questa ultima indicazione sia più corrispondente alla verità lo attesta un cippo miliare trovato nei pressi di Rimini che porta il n. 222. Tale differenza degl’itinerarî si spiega col fatto che in una certa epoca, forse dopo la distruzione di Carsulae, all’antico percorso per Bevagna e Foligno, un po’ disagevole, fu preferito l’altro più lungo, ma più comodo, per Terni, Spoleto e Trebiae, fino al Forum Flaminii. Il costruttore della via fu il censore Caio Flaminio, che l’iniziò nel 220 a. C. e l’ultimò nel 219, cioè poco prima della calata di Annibale in Italia. Non dobbiamo credere che i numerosi manufatti che si trovano lungo il percorso risalgano tutti a Caio Flaminio. Questi deve avere soltanto riuniti alcuni tratti di strade gia esistenti fra le principali città in un unico percorso, provvedendo alla selciatura nei punti più cedibili del terreno. Forse alle origini risale il taglio della rupe presso Narni, ove due falli abbinati, scolpiti nella roccia viva, come scongiuro, avvertono i viandanti del pericolo che li minaccia se non prestano attenzione al precipizio che è sul fianco verso il fiume; ma tutti i ponti ad arco, come anche il famoso tratto di viadotto, noto col nome di Muro del peccato, presso la stazione ferroviaria di Civita Castellana, sono opera più tarda, forse del tempo di Augusto, che restaurò a sue spese tutta la via. La via guadagnò in splendore ed ebbe opere colossali, come il citato Muro del peccato, lunga sostruzione attraverso una valle, per evitare il dislivello di essa, il famoso ponte di Narni, che è incerto se fosse a tre o quattro arcate, di cui le mediane raggiungevano l’altezza di circa trenta metri, altri ponti presso Otricoli, (pile di Augusto), Carsulae (Ponte Calamone e Ponte Cardaro) Calle e il famoso traforo detto Ad intercisa o Petra Pertusa (Passo del Furlo) tra i monti di Fabriano. La via Flaminia usciva dalle mura serviane per la Porta Fontinalis, situata nella depressione fra l’arce capitolina e il Quirinale, e presso la quale sorgeva il sepolcro di Bibuln, ancora oggi conservato in parte a fianco del monumento a Vittorio Emanuele; quindi in linea retta traversava il Campo Marzio, rasentando le pendici del Pincio, usciva dalle mura di Aureliano per la porta omonima (oggi Porta del popolo) e quindi, sempre nella stessa direzione, passava il Tevere nella grande ansa che esso forma fra i colli dei Parioli e quelli di Tor di Quinto: il ponte Milvio, mirabile opera romana fondata cento anni circa avanti l’era volgare, serviva al passaggio del fiume per essa e per la via Cassia, che si biforcava subito dopo, proseguendo in direzione nord, mentre la Flaminia voltava ad est per riprendere poco dopo il suo percorso verso nord a fianco del Tevere.
Nella località detta Prima Porta si staccava a destra la via Tiberina che costeggiava il Tevere passando per Procoio, Fiano e Ponzano, e si ricongiungeva alla Flaminia a sud di Otricoli. Sulla collina che domina il Tevere si vedono ancora gli avanzi della villa ad Gallinas albas che fu già di Livia, moglie di Augusto: in essa desta particolare ammirazione una stanza adorna con pitture di giardini, di raro pregio artistico. Nella località adiacente verso Roma, detta ad Saxa rubra, avvenne la celebre battaglia fra Costantino e Massenzio (312). Il tracciato della via è chiaramente indicato dagli antichi sepolcri, tra cui quello dei Nasoni presso Grotta Rossa, ed altri anonimi, lungo quasi tutto il percorso. Al XII miglio si trova l’arco quadrifronte, oggi trasformato in casale di Malborghetto, eretto da Costantino in ricordo della sua vittoria; un altro bell’arco è ancora in piedi fra le rovine di Carsulae e celebri sono i due di Fano e di Rimini. Rovine medievali interessanti sono presso Civita Castellana, chiamate il Borgo di S. Leonardo, antico castello edificato forse dagli abati di S. M. di Falleri nel sec. XII. Questo tratto della via fu più volte restaurato dai papi: Paolo V, Urbano VIII e Clemente XI rifecero il tratto lungo la valle del Treia; Sisto V iniziò la costruzione del grande ponte Felice sul Tevere sopra Orte, ultimato nel 1603 da Clemente VIII; Clemente XI eresse nel 1709 il ponte Clementino sul Rio maggiore, Benedetto XIV restaurò la via nei pressi di Narni, conducendola per mezzo di grandi costruzioni lungo il bordo della Nera, e Paolo V rifece il ponte sullo stesso fiume prima di entrare in Terni. A Narni avveniva la già detta biforcazione dei due rami che si riunivano a Foro Flaminio, mentre a ponente partiva un braccio traverso per Amelia (via Amerina) e all’altezza della stazione ad Martis (Massa Martana) un altro per Todi. Al passo della Somma, fra Terni e Spoleto, la via raggiungeva la massima altezza del suo percorso (m. 869). Da Bevagna si avevano comunicazioni dirette per Bettona e la via Amerina, e da Foligno per Spello, Assisi e Perugia. Dopo la valle del Clitunno cominciava la traversata dell’Appennino, che avveniva all’altezza di Nocera, Gualdo Tadino, Sigillo, donde partivano bracci secondarî, verso il litorale adriatico; al passo della Scheggia, la via scendeva l’opposto versante della catena, percorrendo le valli dei torrenti Burano e Candigliano fino alla confluenza di questo col Metauro. Varî ponti si notano in questa parte del percorso (ponte di Scheggia, ponte Voragine, ponte Grosso, ponte Alto, ponte Taverna, ponte Mallio, ecc.) che si svolge quasi sempre a mezza costa e quindi su una spalla artificialmente sostruita da un muro in opera quadrata. Il punto più difficile e più pittoresco è al passo del Furlo, in cui la via corre incassata nel monte a notevole altezza sul burrone, finché, non avendo più spazio per passare all’aperto, entra in una galleria detta Intercisa, o Petra Pertusa, o Forulum, che fu restaurata da Vespasiano, come attesta l’iscrizione che si legge sull’imboccatura orientale. Poco dopo comincia la discesa verso il piano: sul Metauro la via passa sopra un grande ponte romano a 3 fornici, detto ponte di Colmazzo; qui avvenne la battaglia fra i Romani e i Cartaginesi di Asdrubale. Seguendo sempre il corso del fiume la via giunge a Fano (Fanum Fortunae). Quivi un arco commemorativo ricorda l’epoca del grande imperatore che nel 10 d. C. compì il restauro della via. Da Fano a Rimini, lungo il mare, la via moderna segue il tracciato dell’antica, ed è notevole solo per l’attraversamento di Pesaro e per un ponte a tre archi poco prima di Rimini, sul fiume Ansa. Quivi un altro arco, di elegante fattura, segna il termine della via, portando sull’attico un’iscrizione dedicata dal Senato ad Augusto, il restauratore delle “celeberrime vie” d’Italia.
Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/via-flaminia_%28Enciclopedia-Italiana%29/
INSEDIAMENTO
Questa costa del monte Cervaia doveva essere molto popolata e chi vi abitava era raggruppato o in un unico grande paese o in più villaggi molto vicini tra loro, i quali avevano in comune i pascoli ed i luoghi di culto; tali luoghi erano un tempi etto della Dea Cupra sulla Cupa, e delle aree sulle cime dei monti Merlana, Cervaia e sul giogo. La vallata sottostante, alquanto acquitrinosa, doveva essere in parte utilizzata per la coltivazione della canapa che si è protratta fino ai giorni nostri ed i toponimi ne sono testimonianza ” Via Filo”, ” Cordaia”, ” le canapine”. con la conquista romana ( 295 a.c.) Colle inizio pian piano ad ampliarsi verso il basso dove nel frattempo era stata costruita la Strada Consolare Flaminia. Su queste colline e nei terreni adiacenti, asciutti e salubri, Colle dovette prosperare sia per l attività agricola sia per la confluenza del diverticolo stradale per le Marche. Con l avvicinarsi dell anno mille si risvegliarono molte attività, tra cui l edilizia, e si costruirono molti Castelli, tra cui quello di Colle. La data precisa non la conosciamo però nel 1034 esisteva già poiché in quel anno fu costruita la Chiesa di S.Ilario, sulle cui mura venne edificata nel 1610, l’ attuale Chiesa Parrocchiale dedicata a San Gregorio e a San Romano.
CASTELLO DI COLLE
Dall’ovvio significato di altura, rilievo, il toponimo “Collis” è usato nella stessa forma in tutte le fonti consultate. Colle, distante da Nocera 7 km in direzione nord, è posto sulla cima di un piccolo poggio a 520 m s.l.m. ai piedi del monte Merlana (m 1133). Sotto il castello si stende la valle lungo la quale corre la via Flaminia, poco distante, a sud, si trova il fosso del Pinaiale affluente del torrente Caldognola. Partendo da nord verso ovest i collegamenti visivi sono con i castelli di Maccantone, di Montecchio, di Lanciano, di Serpigliano, di Isola, di Postignano e di Poggio. All’abitato si sale dalla Flaminia per mezzo di un breve tratto, il castello è posto all’imbocco di uno dei valici per la Marca, la strada attraverso il passo degli Scannelli raggiunge Salmaregia sul versante opposto della montagna. Il borgo sviluppatosi al di fuori delle mura nasconde alla vista il “castrum” rimasto comunque isolato e staccato al centro dello stesso come è evidenziato nella mappa catastale. La pianta del castello è rettangolare con una prospicienza sul lato ovest. Molto compatto e fittamente edificato il “castrum” ha poco spazio libero al suo interno. Le mura coincidono per tutta la loro lunghezza di circa 150 metri con le pareti esterne degli edifici. Nel corso dei secoli queste si sono trasformate nelle facciate principali delle abitazioni operando così una sorta di apertura del “castrum” verso il borgo, il cui risultato è stato il completo cambiamento del suo aspetto. Si sono aperte finestre e porte, si sono costruiti terrazzi e tutte le pareti sono state intonacate. Di originale rimane solo parte di un edificio ancora in pietra con una feritoia. Va aggiunto che ad est, dove la pendenza del colle è minima, era presente un fossato come testimonia l’avvallamento del terreno, avvallamento più evidente fino al 1954 anno in cui furono effettuati lavori di sistemazione della strada. Attualmente si accede al “castrum” sul lato sud della prospicienza posta sull’angolo nord-ovest; questo ingresso però risale al 1601, come risulta da un mattone posto sulla sommità dell’arco a memoria dei restauri effettuati. L’ingresso originale si trova invece sul lato ovest della stessa prospicienza da dove giungeva direttamente la strada proveniente dalla Flaminia. Questa porta ora è murata e coperta da un’aggiunta posteriore, probabilmente lo spostamento fu dovuto alla necessità di eliminare la pendenza eccessiva della salita. La porta originale presenta un arco a tutto sesto in pietra, mentre quella secentesca è in mattone. Superato questo primo accesso, si arriva in un’area rettangolare coperta che prelude ad un’ulteriore porta che immette dentro al castello. I cambiamenti subiti dall’edificio, in cui è inglobata la doppia porta descritta, ne rendono difficile l’interpretazione, in ogni caso sull’angolo nord-ovest risalta quella che doveva essere una torre, poi riabbassata, che difendeva l’accesso. A piano terra di questo edificio in una stanza ora cantina sono ancora visibili due feritoie. Attualmente si accede al “castrum” anche per mezzo di una scala in muratura tra due edifici sulla cui presenza in origine non si possono fare affermazioni. Il cassero, è al centro dell’insediamento, leggermente spostato a sud, attualmente è attaccato ad un edificio, ma in origine era isolato dalle altre costruzioni. Di pianta rettangolare misura m 7 X 7 ed è alto attualmente circa dieci metri anche se probabilmente in origine la sua altezza era maggiore. Ad ovest sono presenti tre porte una a pianterreno e due al primo piano, una delle quali posteriore, come la scala esterna costruita per raggiungerla. L’altra invece è originale con arco a sesto acuto ed attualmente chiusa, caratteristiche simili a questa presenta l’accesso al piano terra. Sempre su questo lato si aprono una feritoia e una finestra posta proprio sotto il tetto. Sul lato sud si contano due feritoie una delle quali all’interno presenta ancora l’aspetto originale. Sui lati est e nord non sono presenti aperture. Internamente il cassero è stato modificato con la creazione di un piano intermedio raggiungibile per mezzo della scala prima citata, ma in origine il pianoterra era costituito da un unico ambiente molto alto con volta a botte. Il piano superiore alla volta di notevole presenta un camino e tracce di un altro solaio a riprova della maggiore altezza originale del cassero. La torre è costruita in pietra calcare bianca e gli spigoli sono sottolineati con bugnature a rilievo. Per quanto riguarda gli altri edifici del “castrum”, dei rifacimenti subiti dalle facciate esterne del castello, corrispondenti alle sue mura, si è già detto, ma anche all’interno le troppe manomissioni ne hanno compromesso la struttura primitiva. Solo alcuni elementi rimangono originali insieme ad alcuni ambienti interni in cui sono presenti le antiche volte. Il borgo, di cui si parla anche nei rogiti notarili del sec. XV , presenta elementi in alcuni edifici che fanno pensare a case-torri alle quali furono poi costruite aggiunte e sopraelevazioni. Riesce però difficile la lettura della sua struttura di base e del suo sviluppo che raggiunge una dimensione notevole e che meriterebbe uno studio a parte.
Fonte: I luoghi del silenzio, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-colle-nocera-umbra-pg/, da una tesi di laurea di Francesco Sorbelli – ” I castelli del contado nocerino: tipologie insediative e problemi di recupero ”
GIGLIO DI FIRENZE
A Colle il giglio fiorentino è di casa ma oltre al significato dell’ affiliazione a un Potente Signore ha anche una valenza mariana. Ecco alcune info recuperate dalle fonti canoniche di rete: nel borgo collegiano la simbologia del giglio compare spesso tramandato dai tempi ecco come ci illumina Wikipedia in proposito. Il giglio di Firenze Giglio bottonato o a volte anche Giglio di Firenze è un termine utilizzato in araldica per indicare il giglio sbocciato (fiore dell’iris simile al lilium) . Il giglio bottonato ha la «caratteristica prima quella di essere disegnato da cinque petali superiori (tre principali e due stami più sottili e bocciolati) e delle ramificazioni inferiori, tutte disposte in modo simmetrico» Il giglio è oggi usato come simbolo della città di Firenze. Lo è stato anche nei tempi remoti ma non ne è conosciuta con certezza l’origine, si può supporre che sia dovuto al fatto che nei dintorni di Firenze cresce numerosa e florida la specie Iris germanica var. florentina (Giglio di Firenze o Giaggiolo bianco). Un’altra teoria vede derivare l’abbinamento della città (Florentia) con il fiore perché la sua fondazione da parte dei romani avvenne nell’anno 59 a.C., durante le celebrazioni romane per l’avvento della primavera, i festeggiamenti in onore alla dea Flora (Ludi Florales o Floralia – giochi e competizioni pubbliche) che si svolgevano dal 28 aprile al 3 maggio. L’associazione tra i festeggiamenti e il nome venne spontanea come accadde successivamente tra il nome e i fiori numerosi che crescevano intorno. Inizialmente il giglio era bianco in campo rosso ma nel XIII secolo i Guelfi scelsero il giglio con i colori invertiti per differenziarsi dai Ghibellini e quando, nel 1251, i primi cacciarono i secondi il simbolo di Firenze divenne quello che conosciamo oggi. Ai tempi della Repubblica di Firenze, il giglio era il simbolo della città, talvolta rappresentato su uno scudo retto dalla zampa di un leone (il cosiddetto marzocco).
Fonte: wikipedia
CONCILIO DI TRENTO e riorganizzazione sul territorio: nasce la parrocchia collegiana

Il Concilio di Trento riorganizzò le risorse della chiesa su tutto il territorio nazionale e da questo importante evento nacque la fusione organizzativa dei Santissimi Gregorio e Romano che segnarono un nuovo corso storico per la parrocchia di Colle di Nocera Umbra che rinasce in seguito alle decisioni prese dal Concilio. Il Concilio di Trento è la risposta della Chiesa cattolica alla riforma protestante di Lutero. Con il termine contro-riforma si intende l’insieme delle scelte compiute dalla chiesa contro la riforma protestante. Viene convocato nel 1542 da Papa Paolo III a Trento,perché era una città indipendente da Roma ma appartenente all’Impero tedesco,per far capire che si vuole trovare un compromesso con i protestanti. I vescovi protestanti però non partecipano al concilio di Trento perché non riconoscono l’autorità del Papa;così il concilio diventa un’occasione per riorganizzare la chiesa cattolica. Nel 1548 il concilio di Trento viene trasferito a Bologna a causa della peste,e viene sospeso a febbraio. Tra il 1551 e il 1552 viene spostato nuovamente a Trento,ma poi viene sospeso fino al 1562 a causa delle guerre politiche in Europa,al quale il Papa vuole partecipare. Riprende nel 1562 fino al 1563 a Trento. Nel concilio di Trento vengono prese decisioni dottrinarie e organizzative. Dottrinarie: Viene ribadito il valore dei sette sacramenti e l’inesistenza del sacerdozio universale,perché per diventare preti bisogna essere consacrati con l’”ordine”.La Chiesa viene dichiarata come unica e insostituibile forza che interpreta la sacra scrittura,che è la Bibbia di S. Gerolamo. Viene inoltre riaffermato che la salvezza si ottiene solo tramite la fede e le azioni buone. Organizzative: nel concilio di Trento viene ribadito l’obbligo del celibato ecclesiastico,l’obbligo per tutti gli ecclesiastici di risiedere nella zona ad essi affidata e l’obbligo di visite pastorali regolari. La Chiesa rinuncia al cumulo dei benefici perché la dignità di un sacerdote non dipende dalla sua ricchezza e viene imposto il latino come lingua universale. -Istituzione del catechismo: i preti hanno l’obbligo di insegnare ai fedeli. -Istituzione del santo uffizio: è una congregazione di 9 cardinali che ha il compito di vigilare sul tribunale dell’inquisizione. L’indice dei libri proibiti: comprende tutte le opere la cui lettura è proibita per ragioni morali e filosofiche,ed è scritta e aggiornata dalla congregazione dell’indice dei libri proibiti. Accanto a queste decisioni nascono anche nuovi ordini religiosi,che erano delle associazioni caritative e assistenziali: 1528 – ordine dei cappuccini,che assistevano gli appestati 1533- ordine dei barnabiti 1540- ordine delle orsoline,che vengono riconosciute ufficialmente dal Papa nel 1546 1572- fate bene fratelli,che è un’associazione che assiste i malati.
Fonte:
CHIESA S GREGORIO E S ROMANO
L’edificio dell’attuale chiesa, più volte gravemente colpita dai vari terremoti succedutesi nei secoli e poi restaurata, era in origine molto più piccolo e ricostruito più lungo e più largo dal vescovo Virginio Florenzi nel sec. XVII dopo un altro disastroso terremoto. La forma originale è ancora intuibile e il bel portale che si trova ad ovest ne rappresentava l’ingresso principale. Lo stemma del vescovo murato sulla parete ricorda i lavori effettuati. In epoca successiva venne poi aggiunto il campanile quadrato. La chiesa riunisce al titolo originario di S. Romano, quello di S. Gregorio che apparteneva ad una chiesa diruta non distante dal castello verso sud. S. Romano è ricordata sia nelle “Rationes decimarum” del 1333-1334 che nel “Liber beneficiorum” del 1528
Fonte: I luoghi del silenzio, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-colle-nocera-umbra-pg/
CHIESA SS TRINITA’
L’edificio, poco più di una cappella, risale all’incirca alla metà del 1500 e sorge a ridosso delle mura del castello di Colle di Nocera, è l’unica sopravvissuta, mentre altre due dislocate sulle pendici del monte sono definitivamente scomparse, una era dedicata San Romano ed è stata in piedi fino all’inizio del nostro secolo. La chiesa è stata assorbita dalle case adiacenti e osservando le pietre della fiancata si può presumere che precedente alla stessa il sito doveva ospitare una qualche struttura precedente, infatti durante i lavori per la realizzazione della casa adiacente sono venute alla luce due blocchi di conglomerato ben squadrati di origine presumibilmente romana, ora in mostra nel cortile della stessa, simili ad un altro murato alla base dell’angolo sinistro della chiesa. Si presenta strutturalmente in buono stato di conservazione essendo stata ristrutturata di recente. La facciata ha un piccolo oculo sopra la porta e due piccole finestrelle alte ai fianchi della stessa. Ha un piccolo campanile a vela sulla parete di fondo. All’interno presenta degli affreschi, qualcuno di buona mano, ma mal conservati e sbiaditi, quello dell’abside è stato in gran parte coperto da un’altro più recente e di scarsissimo valore. Da un’osservazione sommaria da quel che si vede dietro l’intonaco recente si può supporre che l’affresco originale dell’abside sia molto simile a quello presente nella chiesa di San Giovanni a Boschetto, in quanto in entrambi compare la figura dell’Eterno in alto e sotto una crocifissione; sarebbe auspicabile un intervento di restauro che riporti alla luce l’originale perché molto più interessante della sovrapposizione posticcia. Alla parete destra partendo dall’abside c’è una Madonna con Bambino molto rovinata, ma straordinaria grazia, dopodiché troviamo una piccola immagine di Sant’Orsano, Sant’Elena, un San Bernardino da Siena (?) datato 1580 e un Sant’Antonio abate con ai piedi il maialino di “Cinta senese” . Sulla parete sinistra partendo dall’abside troviamo una Madonna con Bambino datata 1550, un’immaginetta di Santa Bibiana, una Santa Lucia e un’altra Madonna con Bambino poco rifinita e che sembra un ricopiaticcio dell’immagine precedente, perché identica. Le immagini della parte destra e sinistra sono simmetriche nelle loro fattezze e speculari nelle dimensioni. Tutti i dipinti sono molto deteriorati e necessiterebbero di un sollecito intervento di restauro.
Fonte: I luoghi del silenzio, http://www.iluoghidelsilenzio.it/chiesa-della-ss-trinita-colle-di-nocera-umbra-pg/
FONTE VECCHIA
La fonte vecchia di Colle ha tenuto in vita il paese per decine e decine di anni visto che la portabilità come la conosciamo noi in stile condominio entra in voga approssimativamente solo negli anni ’50. L’acqua dà la vita alla popolazione locale, che attinge alla fonte per lavare e abbeverarsi ma non solo, durante la seconda guerra mondiale molte famiglie hanno protetto i loro figli sotto la costruzione muraria della fonte vecchia oggi rimodernata e ristrutturata secondo le esigenze dei tempi. Per capire l’importanza dell’ acqua in un paese come Colle e tante altri dell’ indotto appenninico tra Gualdo Tadino e Nocera Umbra rimandiamo alle numerose fonti presenti in rete
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